21 marzo 1925: Peter Brook, dolce sorpresa

Peter Brook, dolce sorpresa: questo il titolo di un articolo del critico teatrale Franco Cordelli, in merito allo spettacolo “The suit” andato in scena lo scorso febbraio nel teatro Palladium di Roma con la regia di Peter Brook. Anche se è improprio esprimersi così, infatti, fedele a una concezione del teatro come forma d’arte collettiva, Brook non firma la regia e sulla locandina si legge: adattamento, messa in scena e musiche: Peter Brook, Marie-Hélène Estienne e Franck Krawczyk.

Scrive Cordelli: “A noi che lo seguiamo dagli anni Sessanta, dal «Marat-Sade», questi suoi anni di «stile tardo» sembrano un’eredità preziosa ma non rinnovabile. Parlo di Peter Brook e così penso andando verso il Palladium, dove è andato in scena un altro dei suoi testi africani: «The Suit» (…) una sorpresa, un autentico capolavoro. Vi cresce poco a poco, nella permanenza in se stesso di Brook, una sovrumana dolcezza: che dal «Mahabharata» in poi è il suo stile, o meglio: il suo ethos (…) in un casto scenario di tavole e sedie dai colori limpidi, quasi infantili, come se sempre ci aspettasse una nuova infanzia.
Cordelli aveva già scritto, a proposito di “Fragments”, andato in scena al teatro Eutheca nella primavera 2011: “I suoi spettacoli della vecchiaia sono esempi di concentrazione e di umiltà. Esprimono, sottaciuto, implicito, il desiderio di passare il testimone di una civiltà della traduzione: traduzione di una traccia scritta in una materia viva, in movimento, in stato di vibrazione permanente (…).
E questo lascito, questo testimone di civiltà, Brook lo lascia ai giovani, come testimoniano “The suit” e “Un flauto magico”, andato in scena al teatro Argentina nell’autunno 2011; entrambi interpretati da attori e cantanti molto giovani. “Un flauto magico” è stato l’ultimo spettacolo che Brook ha messo e metterà in scena, come lui stesso ha dichiarato.
Accanto a questi spettacoli Roma, grazie al teatro Eutheca, ci ha donato anche “Il grande inquisitore”, tratto da “I fratelli Karmazov” di Dostoevskij, nella magistrale interpretazione dell’inglese Bruce Myers, che ha condiviso la ricerca teatrale di Brook fin dal 1970.

Così scrive di “The suit”, Alfredo Ancora, docente di Psichiatria transculturale all’Università di Siena: “Le non scene che diventano scene, i non vestiti persone, il non pubblico che sale sulla scena…. Il NON TEATRO  che diventa TEATRO, attraverso una de-costruzione e ri-costruzione continua dei canoni classici.
 Un incredibile sparigliare di carte che rimanda a nuovi modi di osservare, percepire, ascoltare, costruire nella propria mente magiche rappresentazioni… Un nomadismo fra l’idea di teatro che ognuno si porta con sé (ed a cui è abituato) e il tipo di teatro che si trova di fronte… attraverso un processo  di parti che si richiamano l’un l’altra, rincorrendosi nella propria testa e sparigliandosi anch’esse!
Superbe! Genial! Grazie, Brook!”

Vedi anche:

“A proposito di Fragments, di Samuel Becket”
, Franco Cordelli, Corriere della Sera, 9 dicembre 2007

“Peter Brook, dolce sorpresa”, Franco Cordelli, Corriere della Sera, 03 marzo 2013

Peter Brook

“The Suit” diretto da Peter Brook

“Il grande inquisitore” diretto da Peter Brook

Progetto Armenia

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