Natale 2012

Per Maria Montessori ogni bambino è un piccolo Messia che viene al mondo per darci la possibilità di vivere in modo migliore. In occasione del Natale vi offriamo questo bell’articolo di Ferdinando Camon su chi sceglie, invece, di non avere figli.

«Si sta diffondendo il pensiero che è bello non avere figli: i figli sono una disgrazia, rovinano la vita e il pianeta. Il pensiero diventa un movimento, il de-natalismo, e prende piede in Francia, Italia e soprattutto in Belgio. Qui i de-natalisti hanno inventato una festa annuale, a Bruxelles, dove si trovano, cantano canzoni e alzano boccali di birra. E citano uomini illustri senza figli. (…)
Sì, certo, senza figli si lavora meglio. «Tu hai dato degli ostaggi alla vita», mi ammoniva Meneghello, qui nello studio dove sto scrivendo. L’aveva già detto Bacone: «Se hai dei figli, non farai più grandi azioni, né virtuose né vituperose». I figli ti bloccano nella mediocrità. Sono ostaggi del nemico, in una vita che è guerra. Ma se noi, padri, siamo un esercito in guerra, i figli sono avanguardia e retroguardia: la protezione. Riempiono i vuoti del passato e vanno in avanscoperta sul futuro che non vivremo. Io non so come ho capito i primi film che vedevo, da bambino. Ma mi si spalanca una luce quando vedo la nipotina che guarda incantata il risveglio di Biancaneve, poi Biancaneve sparisce e appare la matrigna, la piccola osserva in giro sbalordita e domanda: «Dov’è Biancaneve?». È convinta che, se non è più nel televisore, è uscita dal televisore e cammina nella stanza. Qualcosa del genere dev’essere capitato al mio cervello, quand’ero piccolo, perché a questa ri-scoperta si eccita. Senza figli e nipoti avrei un cervello non eccitato, piatto. A 6 anni il primo dei miei figli fece un sogno: «I monti mi dicevano: quando morirai, crescerai». Significa che ogni conquista passa attraverso una morte? Al fondo del mio cervello c’era questo concetto, non ero sicuro che fosse la verità, ma il sogno del figlio me lo confermava.
Lui amava il cinema. Un giornale mi mandava un tesserino perché andassi alla Biennale, lui me lo rubava e ci andava lui. Sul tesserino c’era la mia foto, lo lasciavano passare perché lui era identico a me. Questo resta in me l’esempio di cosa vuol dire rinascere in un altro: quando la burocrazia controlla quell’altro e lo scambia per te. A volte mi càpita di cercare un libro che non ho mai letto, lo apro e lo vedo pieno di segni a matita. Sono segnate le frasi giuste con i giusti segni, asterischi, cerchi, punti interrogativi o esclamativi. Ma se non ho mai letto quel libro, chi ha fatto quei segni? Un figlio. Dunque, io ho letto quel libro non come io, ma come figlio. E allora, continuerò a leggere libri, segnandoli con i miei simboli, anche quando non ci sarò. I bambini si ammalano e finiscono in Pediatria. L’ospedale vuole che di notte stiano soli, se c’è bisogno ci sono gli infermieri. Ma le madri non vogliono lasciarli, e si nascondono negli armadi. Il primario prima di andarsene apre gli armadi e le scaccia, allora si nascondono nei bagni. Le ho viste. I figli sono il sancta sanctorum della famiglia, non possono restare senza sentinelle. Quando andavo a prendere un figlio all’asilo, o adesso una nipotina, la maestra lo chiama e gli chiede: «Chi è questo signore per te?», perché ci sono i ladri di bambini, i bambini sono un valore. Diciamo sempre che non ci sono più valori: eccolo, un valore. Ho sentito una madre raccontare: «Passeggio con la figlioletta, questa si nasconde, non la vedo più, e mi son detta: Mi uccido».
Ho sentito una madre friulana cantare una canzone al figlio ricoverato in ospedale: «Signor del Cielo ascoltami, / non farlo mai soffrire, / se c’è dolor per lui, / ti prego dallo a me»: voleva soffrire e morire al posto del figlio. È difficile che chi non ha figli attraversi l’esperienza di voler morire al posto di un altro. Per chi li ha, è un’esperienza perenne. Essere umani vuol dire questo. A Bruxelles alzano boccali di birra per la gioia di non avere figli? Avranno, come tutti, disgrazie nella vita, ma nessuna più grave di questa.
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“La festa triste di chi non vuole avere figli”, Ferdinando Camon, La Stampa, 2 dicembre 2012


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