La sovranità del popolo

È trascorso tanto tempo, ormai, da quando Carlo Alfredo Moro, magistrato e giurista, fratello dello statista Aldo, ucciso dalle Brigate Rosse, mi fece notare: “Ti rendi conto che la nostra Carta Costituzionale, all’art. 3, riconosce pari dignità sociale a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, ma non cita espressamente l’età?”. In effetti, nel nostro Paese si delinea una discriminazione legata proprio all’età della persona. Continuò: “Abbiamo costruito la società in funzione di noi adulti, senza considerare le esigenze dei bambini. Essi risultano sudditi senza diritti. Le nostre città devono essere anche le città dei nostri bambini e dobbiamo, quindi, concedere loro lo spazio per essere ascoltati”.

Le nostre città si stanno progressivamente riempiendo di sudditi senza diritti. Non è solo l’infanzia ad essere discriminata: pensiamo, ad esempio, agli immigrati e, soprattutto, ai loro figli. Sono gli Italiani di seconda generazione, i figli degli immigrati, in molti casi nati in Italia o giunti qui molto piccoli. Sono giovani che hanno studiato la lingua, l’arte, la storia, la cultura italiana, ma che, nonostante tutto ciò, avvertono di essere Italiani solo a metà, perché privi di diritti legittimi e non tutelati da una normativa equa sulla cittadinanza. Ma questo non è l’unico aspetto in cui la nostra società oggi sta soffrendo.

Il dibattito politico è spesso incentrato sulle riforme in materia di giustizia, autonomie locali e legge elettorale. Nessuno, però, sembra accorgersi di come vengano disattesi anche i principi fondamentali della nostra Costituzione. L’articolo 34 afferma: “…I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi..”.. E l’articolo 9 recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica..”.. Temi, questi, mai affrontati in modo esauriente, e che hanno condotto l’Italia in una condizione in cui chi è indigente non ha la possibilità di sviluppare i propri talenti, i vertici delle accademie universitarie sono occupati da chi povero non è ed i finanziamenti alla ricerca, vitali per il progresso del Paese, vengono destinati a coprire le falle provocate dal clientelismo e dallo sperpero dovuti alla mancanza di oculatezza ed onestà politica.

(…) L’Italia ha appena compiuto 150 anni. Per la sua nascita ed il suo sviluppo sono morti migliaia di ragazzi nelle varie guerre che hanno caratterizzato la nostra storia. Dopo le tragiche esperienze dittatoriali, abbiamo abbandonato la monarchia scegliendo “…una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, la cui “…sovranità appartiene al popolo..”. È giunto il momento che il popolo si riappropri della cosa pubblica, consentendo al Paese di crescere e perseguire il bene dei cittadini, non dell’elite dominante, qualunque essa sia.

Da Massimiliano Fanni Canelles: SocialNews (Agosto 2011)

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