La Pia
Oggi, 22 gennaio, è la data di nascita di Edna Gladney. Sarà il giorno che ogni anno “tenera mente – onlus” dedicherà al ricordo di “tate” preziose per i bambini di cui si sono prese cura, pur non essendone le madri.
Questo anniversario lo dedichiamo alla Pia, tata di Silvia Costantini.
«Parlare di lei come una tata mi sembra riduttivo, perché è stata per me e per i miei fratelli – e lo è ancora – una vice mamma o una seconda mamma, cosa che non ha fatto la seconda moglie di papà, che anzi era forse gelosa di noi, perché molto possessiva verso papà.
Papà rimase vedovo nell’ottobre 1966 e, tornando a Roma dal funerale di mamma (noi non avevamo partecipato), decise che sarebbe andato a vivere un paio di anni a Sappada per riuscire a riorganizzarsi la vita dopo il tragico lutto. Tramite la sorella, zia Anna Maria, si era accordato che l’avrebbe aiutato in casa la Pia, una ragazza di 22 anni che lui aveva avuto modo già di conoscere durante gli inverni e le estati sappadine perché era stata la baby sitter di mia cugina Adriana, affetta da nanismo.
Quando arrivammo a Sappada, come da accordi, la Pia venne a casa nostra, abitavamo di fronte, e cominciò il suo lavoro nella nostra famiglia. Eravamo tre bambini di 9, 8 e 3 anni con tutti i problemi relativi alla perdita di un genitore tanto amato e che ci aveva tanto amati. Marco aveva avuto un blocco emotivo e non parlava, io mangiavo solo cose frullate perché volevo che me le tagliasse mamma, Stefano era l’unico che sembrava non avesse problemi lampanti. Nonostante la giovane età, lei ce la mise tutta.
Aveva una casa sulle spalle, con tutti gli oneri, e tanti problemi per quella casa mai vissuta nei lunghi inverni montani, se non per brevi parentesi natalizie. Aveva la sua mamma che l’aiutava e molto imparava da sola, sempre in punta di piedi.
In quei due anni a Sappada avemmo molte visite: parenti ed ex alunni di mio padre. Lei non si è mai persa d’animo e ha accolto sempre tutti con grande ospitalità. Una ragazza di paese, casa e chiesa, catapultata suo malgrado in un ambiente politico e intellettuale a lei sconosciuto … Chiunque l’abbia conosciuta la ricorda come una persona squisita.
Papà aveva delegato a lei tutte le spese per la casa e tutte le spese che ci riguardavano. Teneva un quadernetto e pare fosse molto economa, lo è tuttora. Spaventata dal dover decidere sempre cosa cucinare a pranzo e cena, con mio padre avevano deciso insieme un menu mensile che di volta in volta aggiornavano; c’era anche un altro quaderno con un menu per gli ospiti dove c’erano dei piatti più ricercati.
Passati due anni, che io ricordo molto belli lì a Sappada, papà doveva decidere se rimanere lì e riprendere il lavoro nei licei di Cortina, Belluno o Udine, oppure tornare a Roma. I colleghi romani premevano per il suo ritorno, e i licei montani non erano così facilmente raggiungibili nei lunghi inverni; decise a malincuore di tornare a Roma.
Da Roma si era allontanato perché la sua famiglia voleva decidere per lui e per noi, e aveva paura che tornando si potessero riaccendere vecchie dinamiche. Disse quindi alla madre, nonna Amelia, che lui sarebbe tornato con una tata per noi e quindi nessuno si sarebbe dovuto preoccupare. La Pia non accettò subito il trasferimento a Roma, era molto preoccupata, lì non ci sarebbe stata la madre ad aiutarla… Ma alla fine decise e accettò.
A Roma il mondo per lei era tutto nuovo. Nonostante le tante difficoltà nel portare avanti una casa con 3 bambini, che lei dice sempre “non partoriti, ma come se fossero miei”, lei ricorda i 15 anni passati con noi come i migliori della sua vita. Le giornate erano frenetiche, la mattina preparava la colazione e sistemava la casa (molto grande); era papà che ci portava a scuola con la sua lambretta. All’una eravamo tutti a casa, quindi pranzo, compiti, attività sportive o parco, etc. Poi cena.
L’unico momento tranquillo della giornata, ricorda lei, era il caffè con mia nonna alle 6 di mattina prima di cominciare la lunga giornata. Mia nonna con lei parlava in sappadino, un dialetto ladino, e a Pia faceva un gran piacere.
Molto spesso in casa c’erano ospiti e una ragazza casa e chiesa si barcamenava in pieno ‘68 fra sindacalisti, scrittori e amici politicizzati di papà. Papà ricordava che si poneva benissimo con loro. Una volta riprese qualcuno che aveva detto una parolaccia: “Eh no, davanti ai bambini!”. Tutti risero per quella presa di posizione così colorita di una ragazza che al massimo diceva un buongiorno o un buonasera.
Si trovò a dover cucinare spesso per tante persone e anche quello le metteva ansia, ma papà le risolse la vita con i piatti di carta e con soluzioni culinarie che potevano andar bene per tante persone (una grande pastasciutta, una grande insalatona, etc). Era libera il giovedì pomeriggio e tutta la domenica. Spesso conosceva qualche persona, ma nessuno si è mai rivelato veramente interessato a lei; qualcuno diceva però che lei fosse molto interessata a papà.
Negli anni poi la situazione si è modificata: la nonna che abitava all’ultimo piano del villino famigliare (noi eravamo al primo, la sorella di papà al secondo) era caduta e si era rotta il femore, finendo purtroppo sulla sedia a rotelle; come sembrava fosse più logico, sarebbe dovuta andare a stare dalla figlia, ma la nonna non sopportava il genero, che aveva un carattere molto prepotente, e stette molti anni con noi; un altro carico non indifferente per la Pia, che lo affrontò sempre con grande affetto e dedizione, ricambiata affettuosamente dalla nonna che stravedeva sia per papà sia per i nipoti. Papà le diceva che il ricoprirla d’oro non sarebbe bastato a compensare tutto l’amore che lei aveva messo nel suo lavoro per la nostra famiglia. Mamma in punto di morte aveva fatto promettere a papà, sempre dichiaratosi ateo, che avrebbe fatto fare la Prima Comunione ai miei fratelli e anche a me quando gliel’avessi chiesto; papà lo fece con loro e quando io chiesi di fare la Comunione mi fece accompagnare da Pia al catechismo e con lei mi mandava a messa. Andavano molto d’accordo, pur essendo tanto diversi. Lei non ha mai interferito nella nostra educazione: qualunque decisione importante bisognava chiederla a papà.
Questo rapporto di stima reciproca durò per tutta la vita, e se papà negli ultimi anni desiderava rimanere a Sappada per lunghi periodi e noi non eravamo presenti, lei – che era tornata a casa sua – gli preparava il pranzo e la cena, gli dava le medicine, etc. Lasciò la nostra casa perché sua mamma si era ammalata e desiderava starle vicina ed assisterla. Papà aveva già conosciuto la sua futura seconda moglie, con cui la Pia non andava granché d’accordo; diceva che lei era gelosa dell’affetto che noi provavamo per lei. E’ tornata spesso a trovarci a Roma e ci vedevamo sempre sia d’estate sia d’inverno quando noi andavamo a Sappada.
Ha vissuto i tremendi lutti della nostra famiglia come fossero anche suoi: la seconda moglie di papà, poi la tragica scomparsa di Marco e Stefano… Tiene il monopolio del cimitero, le tombe Costantini sono sempre gonfie di fiori, sempre ordinate e pulite. “Ai miei ragazzi e al signor Bruno ci penso io”, dice lei. Non vuole neanche che io partecipi un po’ alle spese. La cugina di mamma e il fratello di mamma dicono sempre che neanche mamma stessa avrebbe potuto trovare una persona così brava, così affezionata, così tutto. Se andiamo a Sappada con Roberto, mio marito, è come essere a pensione: la mattina ci fa decidere cosa vogliamo mangiare a pranzo e cena. Difficile portarla fuori per ricambiare. Si riesce solo a farle una mega spesa o grandi regali come quando si occupava di papà: un cappotto, un forno, il telefonino, un televisore, le galline… E lei non vuole… ma poi è contenta e accetta.
Ho sempre avuto un grande amore per mia mamma. Ho pochi flash, ma sono chiari e nitidi. La penso sempre e le voglio un bene grande. La Pia è stata una vice mamma discreta, ha conservato per quanto tempo le è stato possibile, e ce li ha sempre fatti indossare, i bei vestiti comprati da lei, e ci faceva giocare con le bambole fatte da lei, o i trenini per Marco e Stefano. Sempre presente allora e adesso, ora che è anziana e sola la chiamo la mattina e la sera. Le mando i fiori per il giorno della festa della mamma. La scritta è solo TANTI AUGURI, ma il significato c’è.
Una mamma in cielo e una sulla terra. Quella sulla terra che ha sempre detto: “Tua mamma era una gran donna, dolce, gentile e vi voleva tanto bene”. Nonostante le tante perdite subite già dalla primissima infanzia sono stata tanto amata…»
Silvia Costantini
Edna Gladney e i diritti dell’infanzia