6 luglio: Compleanno del Dalai Lama

Oggi si festeggia il 76° compleanno di Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama. Il leader spirituale dei tibetani incessantemente, con forza e con umiltà, ha portato nel mondo non solo la coscienza del diritto del suo popolo a sopravvivere al genocidio culturale perpetrato dal governo cinese, ma anche i suoi valori più profondi: la tolleranza e la compassione.Per tutti i tibetani oggi è un giorno di festa e nei Tibetan Children’s Village bambine, bambini e adolescenti danzano, cantano e pregano per la lunga vita del loro leader, cui nel 1989 è stato consegnato il premio Nobel per  la pace.

La mia religione è la gentilezza

(S. E. il XIV Dalai Lama)


GIUSTIZIA E BENEVOLENZA

LA COMUNITA’ DEI BAMBINI NEL TCV DI DHARAMSALA

Nel 1959 la Cina invase il Tibet e il giovanissimo Dalai Lama con migliaia di persone al seguito si rifugiò in India. Da allora il Tibet storico è stato disgregato, assorbito in gran parte dalle province cinesi, e la popolazione tibetana, decimata per persecuzioni, calamità ed emigrazione, è stata sostituita da un’immigrazione organizzata di popolazione cinese. La migrazione dei tibetani verso l’India, unica speranza di salvezza, continua. Centinaia di bambini ogni anno traversano l’Himalaya senza alcun equipaggiamento e con esigue scorte di cibo, rischiando la vita per raggiungere Dharamsala, sede del governo tibetano in esili. Da qui vengono inviati in uno dei Tibetan Children’s Village (TCV), che complessivamente oggi provvedono alla sopravvivenza e agli studi di circa 16.000 minori tibetani. In questi Villaggi non solo si aiutano migliaia di bambini a sopravvivere ma anche – in un’interazione incessante con altre culture – si preserva la loro cultura millenaria che ha al centro la compassione.

Il Villaggio Madre di Dharamsala è stato fondato nel 1960 dal Dalai Lama e dal 1974 ha adottato nelle classi prescolari il Metodo Montessori.

Nel 1996 ho elaborato insieme alla Direzione del Villaggio – che dà grande importanza alle arti nel processo educativo – un progetto articolato in vari laboratori di scrittura e di teatro. Nel 1998 il Direttore della didattica così si espresse sul laboratorio di Antigone e sullo spettacolo che ne seguì:

Sebbene i ragazzi studino a scuola le tragedie di Shakespeare, vedere una tragedia greca come “Antigone”  recitata dai loro compagni di scuola e diretta da un’italiana, è stata un’esperienza totalmente diversa. I ragazzi sedevano in completo silenzio e osservavo che era facile per loro identificarsi nei personaggi  perché ne avevano condiviso l’esperienza di intolleranza e d’ingiustizia nella propria nazione. Alcuni dei ragazzi sono stati essi stessi vittime della repressione cinese e per molti di loro “Antigone” non era un testo teatrale, ma un estratto delle loro vite!

La rappresentazione ha avuto un effetto risanatore su di loro, che sono stati in grado di esprimere i loro sentimenti repressi e allo stesso tempo di riflettere in silenzio su quei temi. Questo è un buon modo di educare: silenziosamente, ma in modo realistico.”

Poi, riferendosi più specificamente al metodo di lavoro che ho tenuto nei laboratori,  e che s’ispira alla pedagogia teatrale di Peter Brook, scrive:

La specifica esposizione ed educazione che Enrica è stata in grado di dare tramite il modo non strutturato in cui ha interagito con i ragazzi, è molto positivo per loro. I ragazzi hanno bisogno di esperienze simili, poiché molti di loro non ne hanno l’opportunità nel sistema scolastico com’è normalmente organizzato. In generale, il risultato positivo dei laboratori è evidente nella qualità del prodotto e nella gratificazione che i partecipanti traggono dal lavoro medesimo. Il prodotto finale, lo spettacolo o uno scritto o una poesia, rinforza poi la motivazione personale e dà ai ragazzi la sensazione di aver conseguito un risultato senza necessariamente aver dovuto competere per questo.”

Più in generale, i laboratori da me condotti, fossero scrittura e poesia, o cinema e teatro, si prefiggevano di aiutare bambini e adolescenti a:

- orientarsi nei propri sentimenti e verso il mondo esterno;

- prendere delle decisioni basate sulla propria volontà;

- realizzarle.

In un contesto emotivo più ampio questi laboratori cercavano di:

- creare e preservare legami;

- elaborare una figura di educatore/terapeuta non di routine e senza caratterizzazioni ideologiche.

Penpa Dolma

Afferma Donald Winnicott:

Sovente, alla prova dei fatti, la sola maniera di determinare l’esistenza di un ambiente iniziale abbastanza  buono sta nel provvedere un ambiente buono e vedere in che modo il bambino sia in grado di utilizzarlo.”

Quell’ambiente fu per la piccola Penpa Dolma il laboratorio su Pinocchio.

Vi arrivò nell’inverno del 1999 e all’inizio mi fu difficile capire se era un maschio o una femmina. Era la più piccola, aveva 8 anni, e camminava con una strana andatura rattrappita, che poi capii essere l’imitazione inconscia  della sua Home Mother, donna molto anziana; più una nonna che una mamma, ma andava benissimo così, perché Penpa Dolma, orfana di madre alla nascita, era stata allevata da sua nonna.

Stabilì subito un rapporto privilegiato con Norbu, il leader del laboratorio ed altro  interprete di Pinocchio, e diventò oggetto di delicate attenzioni da parte sua.

Norbu era costituzionalmente Pinocchio, con tutte le ribellioni e le incongruenze del personaggio, ed era molto difficile per me tenerlo a briglia senza scatenare la sua ribellione e senza inibire la sua creatività. Ricorrevo perciò a tutti i mezzi che mi permettevano questo difficile equilibrio. Arrivai perfino a farlo sedere sulle mie ginocchia mentre gli altri provavano scene in cui non era direttamente coinvolto. E questo malgrado avesse già dieci anni! Avvenne di mattina, quando Penpa Dolma frequentava un corso intensivo d’inglese. Quando le prove ripresero nel pomeriggio, offrii di nuovo a Norbu le mie ginocchia. Ma, rosso in viso per l’imbarazzo, mi disse: Adesso fai sedere lei, indicando Penpa Dolma. Chiesi perché e gli altri risposero senza incertezze: E’ orfana di madre. Nella comunità di bambini di Dharamsala era naturale che una bambina orfana avesse più diritti degli altri. E a un bambino così emarginato come Norbu era naturale rinunciare al privilegio di sedere sulle mie ginocchia per offrirlo a una bambina meno fortunata di lui!

Tra quei bambini era naturale soddisfare i bisogni ineguali di ciascuno: come corollario del laboratorio a volte invitavo alcuni partecipanti a pranzo con me. Norbu era un bambino famelico, che divorava tutto quello che aveva nel piatto. Ed era normale, per i bambini e le bambine intorno al tavolo, condividere con lui quello che restava loro nel piatto. Eppure i pranzi con me erano per loro un rarissimo lusso!

A volte ero costretta ad allontanare Norbu dal laboratorio per le sue intemperanze; quando poi tornava, al suo ingresso gli altri assumevano un’aria indifferente e per un po’ c’era silenzio, con Norbu che si aggirava – occhi a terra – mostrando un certo imbarazzo. Poi ricominciava il normale bisbiglio, e tutto procedeva come prima: la collera, lo sdegno si erano stemperate nella benevolenza.

Penpa era arrivata al Villaggio a soli quattro anni e il terrore era chiuso nel suo corpo: aveva paura di tutto e un semplice tuono poteva farla tremare a lungo. Eppure sul palcoscenico, recitando Pinocchio, dette prova di un sangue freddo che difficilmente si trova in attori di consumata esperienza. Poi, negli anni successivi, Penpa Dolma da bambina invisibile si trasformò in un’adolescente saggia e coraggiosa. Tanto che a 18 anni, nei mesi che seguirono l’esame di classe X, decise di tornare in Tibet, tra “la sua gente”. Fu un viaggio che durò un mese e che fece da sola: a un controllo della polizia cinese, il suo incarnato e la sua pronunzia l’avrebbero denunciata come studente del TCV e come tale poteva essere perseguitata.

Poi, quando tornò a Dharmsala, fu seguita da Tharchin, che era impegnato a dirigere Tibetoday. Frequentò con successo la classe XI e XII, superando l’esame finale con una votazione che le ha permesso di usufruire della borsa di studio del governo tibetano in esilio e si è iscritta nel 2010 alla facoltà di Inglese e Filosofia a Delhi. Adesso per e-mail discutiamo dei testi che la sua ottima insegnante d’inglese ha inserito nel programma.

Tharchin

A 17 anni, nell’inverno del 1997, partecipò al primo laboratorio di scrittura, basato sulla lettura de L’inferno di Dante e di alcuni Canti di Leopardi, tradotti in inglese. Dai suoi scritti subito emersero:

-  la sua gentilezza: era venuto perché non poteva umiliare il mio spirito di volontariato, anche se era convinto che un laboratorio di poesia sarebbe stata per lui una gran perdita di tempo!

- il suo altruismo: più che raccontare di sé raccontava i problemi dei suoi amici e si interrogava su come riuscire a risolverli;

- il suo coraggio: l’anno precedente, nella lunga pausa che segue gli esami di stato della classe X, era tornato clandestino in Tibet per poter riabbracciare i genitori, da cui si era separato a sei anni.

Nell’estate del 1998 appresi che Tharchin non si era presentato agli esami finali della classe XII, pur avendo passato mesi seduto al tavolino, fingendo di studiare. Aveva lasciato il Villaggio senza lasciare un recapito, ma riuscii a rintracciarlo e gli feci pervenire una lettera in cui gli spiegavo che, poiché dai suoi scritti conoscevo bene il suo valore, intendevo aiutarlo a proseguire gli studi. L’anno successivo Tharchin si ripresentò agli esami, li superò brillantemente e iniziò ad eccellere in tutto quello che faceva. Per lui, adolescente senza famiglia, ogni vittoria era stata in precedenza un insopportabile cordoglio, perché non aveva nessuno con cui condividerla.

Iniziò con Scienze Politiche, brillò come mediano nella squadra di calcio universitaria e agli esami riportò sempre votazioni che lo collocavano nel gruppo A (eccellente). Si specializzò in giornalismo dei mass media, fino a laurearsi a pieni voti. Fondò e diresse Tibetoday, prima rivista mensile a colori dei giovani tibetani in India. Sposò a Kathmandu una sua ex compagna di scuola, che dopo poco emigrò in Canada con i genitori. La raggiunse e s’iscrisse al Toronto Film Institute, dove nel 2010 si è laureato a pieni voti in regia. Nel novembre 2010 mi ha scritto:

Ho appena finito il mio primo video professionale, un documentario intitolato “La nascita dei tibetani candesi”, che è stato proiettato davanti a 30.000 persone in occasione della visita a Toronto del Dalai Lama. E’ stato un grande successo.”

E ha aggiunto:

E’ bello che tu non abbia smesso di promuovere la poesia. Ricordo ancora il poema che leggemmo insieme al TCV.”

Enrica Baldi, intervento al Seminario “Bambini e giovani colpiti dai conflitti armati: ascoltare, capire e agire”. Cooperazione allo Sviluppo e Diritti Umani, La Sapienza, Roma, 10 novembre 2010

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