12 aprile 1846: Don Bosco

Il 12 aprile 1846, giorno di Pasqua, finalmente don Bosco trovò nelle vicinanze di Torino, a Valdocco, un posto per i ragazzi che aveva raccolto intorno a sé: una tettoia e un prato annessi alla cascina Pinardi. Inizia così una grande esperienza pedagogica, che continua tuttora in ben 128 paesi del mondo.
A Giovanni Bosco, santificato nel 1934, si deve infatti una concezione dell’educazione basata sì sulle conoscenze necessarie a esercitare un mestiere o una professione, ma anche sull’allegria che deriva dall’amore, ottenuta sia col comportamento degli educatori e delle educatrici, sia con l’apprendimento sistematico di varie arti, soprattutto quelle musicali. Don Bosco medesimo, finché poté, praticò per il divertimento dei suoi ragazzi l’arte del saltimbanco.

Queste alcune sue affermazioni su cui vale riflettere:

“La prima felicità di un fanciullo è sapere di essere amato.”

“I giovani non devono solo essere amati, ma conoscere di essere amati.”

“Mi basta sapere che siete ancora in tenera età perché io vi ami assai.”

“L’educazione è cosa del cuore.”

“Io mi regolo con questo principio, che i miei allievi lavorino con amore e non con l’attività.”

“Amate ciò che amano i giovani, affinché essi amino ciò che amate voi.”

“Il demonio ha paura della gente allegra.”

“Essere santi vuol dire fare bene tutto ciò che si deve fare.”

A proposito di Don Bosco e della sua opera, valgono le parole di Simone Weil:

“Oggi non è sufficiente essere santo. E’ necessaria la santità che il momento presente esige, una santità nuova, anch’essa senza precedenti. (…) Un nuovo tipo di santità è qualcosa che scaturisce all’improvviso, un’invenzione. Esige più genio di quanto sia occorso ad Archimede per inventare la meccanica e la fisica: una santità nuova è un’invenzione più prodigiosa. Il mondo ha bisogno di santi che abbiano genio come una città dove infierisce la peste ha bisogno di medici.
Dove c’è necessità, c’è obbligo.”

(da: Simone Weil: L’attesa di Dio, 1942)

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