Festa del papà: un genitore unico

Grazie a tutti voi di essere qui, come famiglia ne siamo molto orgogliosi e onorati.
Sono la figlia Silvia.
Certamente se avrete modo o avete avuto modo  di leggere il libretto, scoprirete l’uomo completo, il professore, il collega, l’amico, il famigliare, il suocero, il nonno, il genitore (troppo spesso unico). Come figlia è già presente il mio ricordo.
L’idea del libretto è nata dopo la commemorazione nell’Aula Magna del suo Liceo, quando alla fine abbiamo raccolto tutti i ricordi che erano stati letti. C’era tornato indietro tutto l’amore che lui aveva messo nell’insegnamento. Un regalo meraviglioso!
Tutti quei ricordi bellissimi dopo tanti anni….. E’ difficile descrivere in poco tempo un genitore che ci ha tanto amati e protetti fino all’ultimo, un uomo che a volte era il “povero Costantini”, quando noi lo consideravamo una delle persone più “ricche” che abbiamo mai conosciuto… Un uomo che ha saputo equilibrare i due ruoli di padre e di madre, la severità di un padre e la dolcezza di una madre.
Lo voglio ringraziare per averci insegnato l’Amore vero, quello che si fonda sul rispetto del prossimo e delle sue scelte, anche se impopolari; per averci insegnato ad avere la libertà di pensiero che ci ha permesso di crescere senza pregiudizi e di amare incondizionatamente, senza volere niente in cambio, e di affrontare la vita sempre a testa alta.
Papà era un uomo molto schivo e riservato ma mai con noi figli, con i nipoti o con gli amici o i famigliari più stretti. In famiglia e con gli amici era sempre istrionico e ironico; celebri le battute in famiglia, anche nei tanti momenti difficili. Riusciva a essere sempre un inguaribile ottimista, sempre con il sorriso sulle labbra, sempre disposto verso gli altri. Aveva un’incredibile carica di umanità e di generosità  e di simpatia che lo rendeva unico.
Papà era un uomo fuori dagli schemi, impermeabile alle mode e ai luoghi comuni. Un uomo che ha avuto la capacità di rinnovarsi e di mettersi in discussione, e di costruire e di trasmetterci un insieme di valori che univano gli insegnamenti al suo profondo senso religioso della vita. Non ho mai conosciuto una persona che più di lui rifuggisse il potere e l’attaccamento in genere ai beni materiali.
Non ha mai permesso che ci lamentassimo troppo; se avevamo qualche malinconia, dopo averci consolato ci diceva che c’erano bambini che non avevano neanche il papà e alcuni stavano negli istituti. Abbiamo compreso dopo il messaggio, che non voleva dei figli che si lamentassero per qualunque cosa… Smorzando già nella primissima infanzia questo, ha alimentato una forza interiore che ci ha permesso di dare il giusto peso a tutte le cose per affrontarle nel migliore dei modi.
Le nostre case erano sempre aperte per i nostri amici che parlavano con lui quasi come fosse un coetaneo. Era sacro però il pisolino pomeridiano ( lui diceva che andava a leggere il Marcuse). Voleva silenzio assoluto.
Non ci ha mai imposto qualcosa, ce lo spiegava e rispiegava, in modo che capissimo il motivo del divieto o della sgridata. Se ci dava un orario di rientro, per esempio le 8, se tardavi, il giorno dopo dovevi tornare scalando i minuti di ritardo; alla fine in questo modo ci insegnava la puntualità.
Non ha mai alzato le mani su nessuno di noi quattro, anche se a volte, soprattutto con i  miei fratelli molto vivaci, alzando gli occhi al cielo diceva: “ Sparisci, va, che è meglio!”.
Ai miei fratelli ha trasmesso l’amore per le arrampicate in montagna, portandoli già molto piccoli con la guida alpina Luigi Pachner; li ha lasciati molto liberi nelle loro scelte consigliandoli, ma mai imponendo nulla.
Marco e Stefano avevano solo un anno e mezzo di differenza ed erano profondamente diversi: Marco riservato, Stefano più aperto e solare; e spesso le liti e i musi erano inevitabili. Ricordo ancora una brutta litigata e Marco e Stefano che non si parlavano. Papà ha deciso (complici ignari degli ospiti in casa) di farli dormire insieme. Poi disse che aveva pensato: “O si scannano o fanno pace”, ed aveva avuto ragione. La mattina dopo erano usciti dalla camera sorridenti.
Erano bravi nei piccoli lavoretti in casa dove papà, come ogni intellettuale, era veramente proprio negato. Ricordo un giorno che aveva deciso di dipingere una vecchia cassapanca: probabilmente la bomboletta era un po’ vecchia e la vernice non usciva, ma non si perse d’animo e con un cacciavite forzò lo spray, risultato: un papà completamente blu! Nel frattempo si erano fatte le quattro e doveva andare a prendere mia sorella più piccola a scuola. All’arrivo, tutti i bambini cominciarono a gridare:  “Guarda il papà di Bruna, è un PUFFO!”. Rimase, nonostante varie lavate, sul celestino per qualche giorno, provocando grande ilarità in famiglia, soprattutto in Marco e Stefano.
Era un padre sempre presente, gli si poteva raccontare qualunque cosa.
Quando eravamo piccoli, dove andava lui andavamo noi; e se non potevamo andare, spesso stava  a casa e venivano gli amici con i loro figli. Si organizzavano giochi tipo “Rischiatutto”. Ognuno aveva un argomento (io Pinocchio) e si vincevano anche i premi.
Dava consigli, e se noi facevamo di testa nostra (spesso), anche se poi magari sbagliavamo, non ci ha mai detto: “Te l’avevo detto!”.
Non abbiamo mai ricevuto regali per meriti scolastici; dovevamo andare bene, punto. Quello era nostro dovere, come lui andava al lavoro.
Ci ha sempre sostenuto con grande affetto e forza nei tanti momenti di difficoltà che abbiamo vissuto in famiglia, anche nel più drammatico.
Per me è stato l’unico genitore, non ho ricordi di mamma, ero molto piccola quando è mancata, e ho solo due ricordi visivi. Dicevano che ero la figlia prediletta, ma siamo stati tutti uguali…
Ho tanti bei ricordi di papà e della famiglia. La maggior parte sono legati alle estati e agli inverni sappadini. I tanti pomeriggi a Grea, con i parenti di mia mamma, con i quali lui ha sempre mantenuto i contatti; le tante gite in montagna e in Val Visdende; le suonate e cantate nel vecchio cucinone della casa di Granvilla con zia Giovanna, zio Pino, i cugini e gli amici o gli ex alunni che spesso erano ospiti a Sappada.
L’anno che siamo venuti a vivere a Sappada c’erano spesso degli operai per dei lavoretti di manutenzione per ottimizzare al meglio la nostra vita sappadina in una casa antica.
La Pia, la nostra tata, era dovuta uscire di casa dicendo a papà se per cortesia dopo 15 minuti poteva spengere il fuoco sotto la pentola a pressione. Papà, passati i 15 minuti, non solo aveva spento il fuoco, ma aveva anche aperto la pentola senza aspettare la fine del fischio. Non lo sapeva, ovviamente. Il risultato fu che la pentola è esplosa: la pasta e fagioli sul soffitto appena ridipinto e il muratore Pierino Fontana che diceva: “Aiuto! Siamo in Vietnam!”.
Un ricordo molto forte che ho di me e di papà è del 2 agosto del 1980, il giorno della strage alla stazione ferroviaria di Bologna. Un po’ miracolata, adesso capirete perché.
Primo viaggio da sola per Sappada in treno, felice e tanto emozionata ….
Eravamo appena entrati nella stazione di Bologna al binario 6, un enorme boato, tantissimo fumo e il treno di corsa è ripartito. Non si saliva e non si scendeva, via veloci come il vento… Non c’erano telefonini e abbiamo saputo cosa era successo solo quando siamo scesi alla stazione di Calalzo. Ricordo ancora, come fosse adesso, il viso ombrato di papà che si è disteso in un sorriso felice quando mi ha visto scendere sana e salva dal treno e mi ha stretta in un abbraccio fortissimo….. Quell’abbraccio ancora lo sento.

Grazie Papà!

Silvia Costantini, discorso tenuto nella Sala Consigliare del Comune di Sappada, il 19 agosto 2012

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La Pia

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