Bambini salvati

BAHIA

Il 30 giugno 2009 c’erano 153 passeggeri a bordo del volo I Y626.  I morti sono stati 152. Bahia Bakary, 12 anni, l’unica, l’eletta, ha fatto un volo in picchiata di tremila metri, si è ritrovata nelle acque dell’Oceano Indiano, aggrappata a una lamiera. Otto ore ha resistito prima che la mano di un marinaio, incredulo, la riportasse alla vita. Ricordava tutto: il sibilo, l’aver pensato di essere caduta dall’oblo: “mi sono sporta troppo, adesso farò preoccupare tutti”, l’impressione di essere attraversata da una scarica elettrica, e poi l’acqua piena di sale e carburante che gli faceva bruciare la gola, il freddo, il sonno contro cui lottare con tutte le forze. Sul sedile accanto a Bahia era seduta sua madre, Aziza. Andavano a trovare i parenti a Moroni, nelle Isole Comore. Come ogni anno, colpa del biglietto troppo caro, nella casa di Corbeil Essonne, alla periferia di Parigi, restava una parte della famiglia; quella volta erano rimasti papà Kassim e gli altri tre fratelli.

In un libro uscito in Francia poche settimane fa, scritto a quattro mani con un giornalista, Bahia spiega di aver resistito nell’oceano perché era convinta che sua madre la stava aspettando a Moroni, dove l’aereo doveva essere arrivato. La catastrofe non è stata la scossa elettrica, quel volo senza fine, quelle ore nell’oceano. La catastrofe è stata il giorno dopo quando, in ospedale, il padre le ha detto la verità. Che sua madre era morta. Che erano morti tutti, tranne lei.

Sopravvivere a tutto questo è possibile? “Sì, dice Bahia – anche parlarne non mi fa male. L’ho fatto tante volte, prima agli agenti dell’Ufficio inchieste dell’aviazione civile, poi alla famiglia, ai compagni di scuola, poi il libro. Quello che non mi piace è quando la gente mi riconosce per strada, quando i giornalisti mi inseguono o mi aspettano sotto casa”.

Oggi fa la terza media, è molto brava, vuole diventare un medico.

“RUBEN COME BAHIA, BAMBINI SOPRAVVISSUTI. IL PICCOLO OLANDESE E LA SUPERSITITE DELL’OCEANO”, di Francesca Pierantozzi, Il Messaggero, 16 maggio 2010

L’ALUNNO DI MARIA

La settimana scorsa, la maestra napoletana Maria Marcello si era tuffata in una zuffa di bambini per separarli ed era stata colpita da un calcio che le aveva fracassato la milza. Al risveglio dell’operazione, le sue prime parole erano state irrituali: voleva rivedere il piccolo che l’aveva mandata all’ospedale e perdonarlo. Ieri il bambino le ha spedito una lettera di scuse, un mazzo di fiori e il vangelo della sua prima comunione.

“Buongiorno”, di Massimo Gramellini, La Stampa, 15 maggio 2010

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