Ricordo di Teresa Mattei per la giornata mondiale dedicata alla donna

«Un pulviscolo di granelli gialli vaga portato dal vento e, dopo tanto volare, un giorno decide di fermarsi. Chicco dopo chicco, batuffolo dopo batuffolo, piano piano la mimosa tinge un albero di giallo, poi un altro e un altro ancora. E tutte queste piccole cose che si uniscono, danno vita ad una cosa sola, grande e bellissima. Per questa ragione in Cina la pianta della mimosa viene considerata simbolo di unità. Simbolo di crescita e di prosperità che lascia nel vento, quasi in segno di riconoscenza, un profumo inconfondibile e persistente. In Cina la mimosa rappresenta la forza dell’insieme.»













Questa è la leggenda cinese a cui ricorse nel 1945 Teresa Mattei (1921-2013), per persuadere le istituzioni politiche del tempo a scegliere la mimosa come simbolo ufficiale della festa internazionale della donna. In questo semplice racconto è racchiusa l’anima di Teresa: partigiana, combattente nella formazione garibaldina Fronte della Gioventù, giovane membro dell’Assemblea Costituente, “madre” della Costituzione e di tre figli.

Teresa Mattei non fu soltanto la combattente “Chicchi”. Fu anche “Teresita”, una pedagogista costantemente impegnata a sostegno dell’infanzia e nel promuovere lo sviluppo dell’espressione creativa dei bambini.
Il suo interesse per i diritti dei più deboli si fonde con la sua passione per il cinema dando vita, alla fine degli anni Sessanta, a un ambizioso e rivoluzionario progetto: il cinema fatto dai bambini!

















Teresa credeva nel cinema come “mezzo d’espressione adeguato al nostro tempo”[1], processo alternativo di apprendimento e strumento per trasferire emozioni, esprimere stati d’animo e sentimenti compiuto non solo dagli adulti ma anche dai bambini.

Il suo laboratorio cinematografico – in collaborazione con Bruno Munari, Giovanni Belgrano e Marcello Piccardi – promuoveva una nuova forma didattica in cui i bambini imparavano a esprimere la propria creatività e personalità attraverso il “fare cinema”. Una nuova forma di pedagogia che, come la vita stessa, unisce immagini in movimento, suoni, colori, corpi e scenari spazio-temporali educando il bambino a una forma emancipata di sviluppo culturale.

Per Teresa “cinema” non significava soltanto “film” ma anche comunicazione, progettazione, pianificazione, partecipazione, condivisione, produzione, realizzazione. Questa innovativa attività didattica, alla quale parteciparono gruppi-classe provenienti dalle scuole dell’obbligo di gran parte d’Italia, vedeva i bambini impegnati in prima persona in tutte le fasi della creazione cinematografica alla quale l’adulto forniva il supporto tecnico, lasciando i bambini liberi di esprimersi e co-costruire la loro storia. Questo diede all’infanzia la possibilità di “parlare” al Paese nel 1968, quando molti film realizzati interamente dai bambini furono presentati alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

In una visione più ampia d’insieme, Teresa nel 1995 diede “voce” all’infanzia creando “Radio Bambina”, un’emittente radio dove i bambini potevano per la prima volta avere diritto di parola. Lo slogan era “dall’immagine all’immaginazione, dalla parola al pensiero”[2], perché:
«la parola è il mezzo di comunicazione più importante e l’altra cosa importante è l’emozione. La parola è quella che crea dentro all’uomo la consapevolezza (…) ma la voce è anche timbro, è un’emozione straordinaria e noi tutte queste cose le stiamo perdendo.»[3]



[1] M. Piccardo, La collina del cinema, Nodo Libri, Como, 1992, pag. 22

[2] L. Fantoni e I. Franciosi (a cura di), (R)Esistenze-il passaggio della staffetta, cit., pag. 40

[3] P. Pacini, Teresa Mattei. Una donna nella storia: dall’antifascismo militante all’impegno in difesa dell’infanzia, Commissione regionale per le Pari Opportunità Donna – Uomo della Toscana, 2009, pag. 225

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