Olivia Benson

Olivia BensonQuando si è bambini e si vive nella semplicità, molte cose si danno per scontate; la felicità è una di queste. Da bambina non mi accorgevo della fortuna che avevo nell’avere una famiglia unita e spontaneamente alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” rispondevo elencando una serie di progetti che rispecchiavano quella stessa vita che io stavo vivendo, ma da un’altra prospettiva: avere dei figli, sposarmi, adottare un gatto, costruire una famiglia.
Purtroppo la vita non riserva la gioia per tutti e a mia esperienza ho capito che il dolore è esso stesso parte caratterizzante del nostro percorso: c’è chi è più “sfortunato” e lo vive direttamente e chi invece è più “fortunato” e lo vive solo indirettamente.
Il fatto di non vivere il dolore non ci deve precludere la possibilità di capirlo; siamo dotati – chi più chi meno – di empatia, che ci permette non solo di metterci in relazione con gli altri, ma di entrare nel profondo dell’essere umano per comprenderne i sentimenti.
Vi racconto la mia esperienza: a seguito di un grande dolore, a 15 anni, decisi di riversare quanto più possibile i miei sentimenti sui telefilm. Ho iniziato a divorare telefilm più velocemente di quanto ci mettessi a finire un piatto di pasta. Con il tempo mi sono accorta che il mio vuoto non veniva colmato dai telefilm, tuttavia questi si rivelarono essere uno spunto di riflessione, un aiuto a canalizzare il dolore. A questo proposito mi è stata d’aiuto il personaggio più noto della celebre serie tv “Law and Order – Special Victims Unit”: Olivia Benson.
Olivia è una detective specializzata in crimini sessuali, minorili e non. La sua esperienza mi ha messo in contatto con una realtà molto distante da me, che non riuscivo a comprendere a causa di questa lontananza. Non voglio fare un monologo sul marcio della violenza, ma sull’importanza dell’informazione circa questi cruenti delitti i cui effetti non si riuscirebbe a capire semplicemente “parlandone”.
Olivia è figlia di uno stupro e ha deciso di lottare contro gli uomini come suo “padre”; non si mostra una donna invulnerabile, non è questo il suo scopo. L’obiettivo della detective Benson è quello di dimostrare come la sua vulnerabilità, la sua fragilità, in realtà siano gli elementi che le permettono di svolgere egregiamente il suo lavoro.
Olivia cerca di mantenere il controllo, ma non sempre davanti alla crudeltà e alla brutalità della violenza ci riesce. In un episodio in particolare, Olivia subisce una violenza non solo fisica ma anche psicologica, che la porta sull’orlo del precipizio: per la prima volta di fronte a un sadico violentatore, Olivia è spinta così tanto dall’odio e dalla provocazione, che si serve di una sbarra per picchiare il suo rapitore. Olivia però non è questa Olivia; è la donna che riesce a immedesimarsi con la vittima, riesce a comprendere il suo dolore e riesce, con l’esperienza, a far comprendere alla vittima stessa la sua situazione, di cui non ha colpa.
Olivia è la detective con cui i bambini non hanno paura di parlare, non si sentono analizzati. Olivia è la donna di cui ci si fida, è la donna che non si occupa semplicemente del caso, è quella che lo vive. Olivia Benson non è solo una detective, è una donna straordinaria e se adesso mi venisse riproposta la stessa domanda che mi veniva fatta da bambina, io senza ombra di dubbio risponderei: “Vorrei essere Olivia Benson”.

Marzia Dragotti, studentessa

È possibile seguire tutte le risposte a questo articolo tramite il RSS 2.0 feed.

All contents copyright © tenera mente – onlus. All rights reserved. Theme design by Web-Kreation.