Il giorno della memoria 2013

I ragazzi di Villa Emma

Giugno 1942: 40 ragazzi ebrei in fuga scendono alla stazione di Nonantola. Ad attenderli Villa Emma, residenza di campagna dove troveranno rifugio, tra paure e sogni in attesa della terra promessa. I 40 bambini ebrei, che arrivarono il 17 giugno 1942 a Nanantola, erano in realtà in fuga verso la Palestina, quando l’occupazione tedesca e italiana della Jugoslavia gli blocco la strada nel 1941. Nell’aprile del 1943 si aggiunse un secondo gruppo di 33 piccoli ebrei arrivati da Spalato. In tutto 73 ragazzi, di età dai 6 ai 21 anni, tutti orfani che avevano perso i genitori nei campi di concentramento. A Villa Emma i bambini e ragazzi vissero insieme ai loro accompagnatori e ai loro educatori, Josef Indig, Marco Schoky e il pianista Boris Jochverdson, in condizioni modeste. Eppure molti di loro ricorderanno quel periodo come uno dei più felici della loro vita.



Un piccolo esule armeno, Aproham Nesmeyan

Il nonno Giorgio (Kevork) Nassimian, padre di mio padre Aproham, era di Mardin, città all’estremo sud orientale della Turchia.
Il nonno aveva tre figli, due maschi e una femmina.
Uno dei maschi, appunto mio padre, nacque l’8 giugno 1893. L’altro maschio, cioè mio zio, emigrò in Venezuela. La femmina, diventata suora, emigrò in Egitto dove insegnava ai bambini e dove il cugino di papà, Nassimian, era vescovo degli armeni cattolici a Cairo.
A Mardin, paese abitato prevalentemente da famiglie armene cattoliche ma anche da turchi, curdi e arabi, viveva Monsignor Ignazio Maloyan, vescovo della chiesa cattolica armena che in seguito diventò martire, così come mio nonno che fu ucciso nel 1915.
In questa stessa chiesa, nonno Giorgio, aveva una stanza adibita a scuola, dove insegnava ai bambini armeni, turchi, curdi e arabi del paese e dove pure mio padre ricevette i primi insegnamenti.
I massacri iniziarono a Costantinopoli e poi dilagarono nei vari paesi della Turchia orientale, quali Sivas, Erzerum, Trebisonda, Urfa, Mush, Tokat ecc. Poiché il pericolo si avvicinava a Mardin, il vescovo Maloyan radunò i capi famiglia armeni, suggerendo di salvare almeno i bambini, poiché nei paesi già citati, questi venivano infilzati con le spade, davanti alle proprie madri, che dopo stuprate, venivano uccise pure esse.
Così si preparò l’esodo dei piccoli con l’aiuto della Croce Rossa e qualche organizzazione umanitaria. Si radunarono molti asini e muli, sul cui dorso si legavano 2 ceste, che servivano per trasportare i bambini, uno a sinistra e l’altro a destra, formando una carovana, che viaggiava verso sud, verso la Siria, l’Irak, il Libano, la Palestina.
In questa carovana, si trovava pure il piccolo Aproham, cioè mio padre di 8-9 anni d’età, appollaiato in una cesta, dopo aver lasciato i genitori con profonda tristezza.
Dopo un lungo e estenuante viaggio, stanchi e affamati, giunti in Libano, vennero sistemati un po’ nelle scuole e un po’ nelle chiese, in attesa di venire smistati in paesi cristiani. Qualche mese appresso, venne il turno di mio padre, che fu imbarcato su una nave italiana diretta in Italia. Il viaggio durò circa otto giorni e appena arrivato a Napoli, il piccolo esule fu portato a Roma presso il Collegio Armeno Cattolico di Via Nicola da Tolentino, dove crebbe e studiò con profitto da seminarista, laureandosi in filosofia e teologia, con il fine di prendere i voti.

Continua a leggere…

Associazione della Comunità Armena di Roma e del Lazio
http://www.assoarmeni-romalazio.blogspot.com/

È possibile seguire tutte le risposte a questo articolo tramite il RSS 2.0 feed.

All contents copyright © tenera mente – onlus. All rights reserved. Theme design by Web-Kreation.