Studenti: imparano il braille per scrivere alla compagna cieca
Acquaviva, provincia di Agrigento
Cristina è una bimba di sette anni, cieca dalla nascita. Loro sono i compagnetti di seconda elementare che per non lasciarla sola nella sua disabilità, aiutati dalle maestre, hanno imparato alla perfezione il braille, il sistema di scrittura e lettura a rilievo per non vedenti. Ad Acquaviva, un centro minerario di poco più di mille abitanti al confine tra le province di Agrigento e Caltanissetta, Cristina è stata iscritta alla scuola pubblica locale e qui le maestre Giovanna Schillaci, Maria Vaccaro, e Maddalena Cacciatore, prima all’asilo e poi alla scuola elementare, non solo sono riuscite a integrare la bambina nelle attività scolastiche, ma hanno anche dato vita, con i compagni di classe, sei maschietti e tre femminucce, a una speciale gara di solidarietà culminata con l’apprendimento da parte di tutti del sistema braille. Per mesi e mesi, nei pomeriggi, durante le ore del doposcuola, i bambini di seconda elementare hanno preso confidenza con le tavolette braille imparando a leggere e a scrivere con i segni. E giorni fa, in occasione del compleanno di Cristina, a sorpresa, i bambini hanno consegnato alla compagnetta le loro letterine nelle quali le hanno scritto in braille alcuni pensierini di auguri. Messaggi che Cristina, commossa, per la prima volta ha potuto leggere ed apprezzare. Ma c’è di più. La bambina ha fatto conoscere ai suoi compagni il mondo circondato di buio di una non vedente, raccontando le proprie sensazioni ma anche dimostrando di aver compensato il suo handicap attraverso un eccezionale sviluppo sensoriale sia nell’olfatto (Cristina riesce a riconoscere gli altri compagni di classe semplicemente dall’odore che emanano) che dal tatto. Infatti negli intervalli delle lezioni uno dei giochi più amati in classe è quello della «mosca cieca» dove a turno i bimbi, bendati e in silenzio, tentano di riconoscersi tra loro solo con il tatto e l’olfatto. Insomma, innamorata della musica e appassionata della lingua inglese, che conosce bene, Cristina in breve è riuscita a diventare la punta di un progetto di aggregazione scolastica che ha pochi precedenti in Italia.
Lorenzo Rosso, La Stampa, 22 febbraio 2011
Louis Braille (Coupvray 4 gennaio 1809 – Parigi 6 gennaio 1852) ideò l’alfabeto che da lui prese il nome, utilizzato per la scrittura e lettura dalle persone cieche.
Figlio di un sellaio, all’età di tre anni nell’officina paterna si infortunò all’occhio sinistro. L’infezione si estese anche a quello destro e divenne cieco.
A 10 anni vinse una borsa di studio alla Institution des Jeunes Aveugles (Istituto per giovani ciechi) a Parigi. Si trattava di uno dei primi centri specializzati per persone non vedenti, ma le condizioni di vita non erano buone. Agli internati venivano insegnati diversi mestieri (ad esempio, impagliatore di sedie), ma erano continuamente maltrattati dal personale.
Ai ragazzi della scuola veniva insegnato a leggere con un metodo che consisteva nel leggere attraverso il tatto i caratteri della stampa, messi in risalto da un filo di rame posto sul retro del foglio; metodo che però non permetteva alle persone di scrivere.
Louis, che aveva dimostrato subito di essere un abile suonatore di organo, nel 1821 fu ispirato da una visita a scuola di un militare, che descrisse un metodo per trasmettere messaggi in rilievo, basato su dodici punti, usato dalle forze armate per i dispacci notturni. Braille inventò allora un nuovo metodo, basato su sei punti in diverse configurazioni, che porta ancora il suo cognome e che permette di leggere e di scrivere.
Successivamente ideò un’estensione del metodo per la matematica (Nemeth Braille) e per le note musicali (Codice musicale Braille).
Nel 1827 divenne professore presso lo stesso istituto in cui era ricoverato. Morì nel 1852 e dopo un secolo, nel 1952 la sua salma venne tumulata a Parigi nel Pantheon, accanto a Voltaire, Rousseau, Victor Hugo e molti altri che hanno fatto grande la Francia.