L’inaugurazione della prima Casa dei Bambini a San Lorenzo

“L’importanza sociale e pedagogica di una simile istituzione mi apparve in tutta la sua grandezza, ed io insistei su ciò che sembrava essere una visione, allora esagerata, del suo trionfale avvenire; ma oggi molti cominciano a comprendere ch’io previdi la verità. Il 6 gennaio, in Italia, è la festa dei bambini, corrispondente all’Epifania del calendario cattolico. E’ proprio come il giorno di Natale nei paesi protestanti, quando v’è l’albero di Natale, e i bambini ricevono doni e giocattoli. Il 6 di gennaio, dunque, si raccolse il primo gruppo di piccoli, più di cinquanta. Era interessante vedere quelle creaturine così diverse dalle altre che frequentavano le solite scuole gratuite. Erano timide e goffe, apparentemente stupide e irresponsabili. Non erano capaci di camminare in fila, e la maestra faceva tenere ognuna attaccata al grembiulino di quella che la precedeva, per cui esse camminavano in una specie di fila indiana.
Piangevano e sembrava che avessero paura di tutto – delle belle signore presenti, dell’albero e degli oggetti ad esso appesi. Non accettavano i doni, né assaggiavano i dolci, né rispondevano se interrrogati. Erano proprio come un gruppo di bambini selvaggi. Non erano certo vissuti, come il piccolo selvaggio dell’Aveyron, in un bosco con gli animali, ma in una foresta di gente perduta, oltre i confini della società civile. Alla vista di quel commovente spettacolo, molte signore osservarono che soltanto per un miracolo quei bambini avrebbero potuto essere educati, e dissero che avrebbero desiderato rivederli dopo un anno o due.
Fui invitata a parlare; ma non potendo entrare nei particolari dell’opera strutturale ed economica, dopo un riferimento generale all’opera che si stava iniziando, lessi una parte di profezia che nella chiesa cattolica si riferisce alla solennità dell’Epifania che cade il 6 di gennaio, il giorno scelto per la inaugurazione della Casa dei Bambini. (…)
I giornali del giorno criticarono queste parole come esagerate, riferite ad un’impresa tanto modesta.
Un anno dopo, quando fu aperto un altro quartiere popolare, con una Casa dei Bambini, l’Istituto dei Beni Stabili credette opportuno un discorso inaugurale che desse al pubblico italiano una chiara idea del carattere di questo esperimento e dell’importanza di una vera riforma e delle sue ragioni economiche e sociali. (…)
Ecco, dunque, il significato del mio esperimento didattico, condotto per due anni nelle Case dei Bambini. Esso rappresenta i risultati di una serie di prove da me fatte per l’educazione dell’infanzia, secondo i nuovi metodi. Non è certo un fatto di pura e semplice applicazione dei metodi di Séguin agli asili infantili, come risulterebbe a chiunque consultasse le opere di quest’autore. Tuttavia è pur vero che le prove di quei due anni hanno una base sperimentale che risale all’epoca della Rivoluzione francese e assomma le fatiche di tutta la vita di Séguin e Itard. Quanto a me, trent’anni dopo la seconda pubblicazione di Séguin, ne ripresi le idee e – oso affermarlo – l’opera con la stessa freschezza di entusiasmo con cui egli aveva ereditato le idee e l’opera del suo maestro Itard, che morì assistito dalle sue cure filiali. Per dieci anni sperimentai nella pratica e meditai le opere di questi uomini insigni, che si erano sacrificati lasciando all’umanità le prove del loro oscuro eroismo. I miei dieci anni di studio possono sommarsi a quarant’anni di lavoro di Itard e di Séguin. Erano già trascorsi cinquant’anni di attiva preparazione, distribuiti durante oltre un secolo, prima che fosse tentata questa prova, apparentemente breve, di soli due anni. Non credo di commettere errore dicendo che essa rappresenta il lavoro di tre medici, che da Itard a me mossero i primi passi nella via della psichiatria.”

“La scoperta del bambino”, Maria Montessori, Garzanti, pp. 37-38



V’invitiamo alla lettura di ”Montessori, il metodo della gioia”, di Carlo Vulpio, in La Lettura n. 59, supplemento del Corriere della Sera, 30 dicembre 2013

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